Ebook: In difesa dell'anarchia
Author: Robert Paul Wolff
- Year: 2013
- Publisher: greennotgreed.noblogs.org
- Language: Italian
- pdf
Questo saggio sui fondamenti dell’autorità dello Stato segna una fase nello sviluppo del mio interesse per i problemi dell’autorità politica e dell’autonomia morale. Quando cominciai a interessarmi seriamente di questo argomento, confidavo sinceramente nel fatto che avrei potuto trovare una giustificazione soddisfacente alla dottrina democratica tradizionale, in cui credevo in modo assai avventato. Durante il mio primo anno d’insegnamento presso la Facoltà di Filosofia della Columbia University, tenni un corso di filosofia durante il quale annunciai presuntuosamente che avrei formulato e poi risolto il problema fonda- mentale della filosofia politica. Non incontrai difficoltà nel formulare il problema – e cioè, con una formulazione un po’ grossolana, se l’autonomia morale dell’individuo fosse compatibile con l’autorità legittima dello Stato. Non ebbi difficoltà neppure a confutare un certo numero di sedicenti soluzioni che erano state avanzate prima di me da vari teorici dello Stato democratico. Ma nel bel mezzo del semestre fui costretto ad ammettere davanti ai miei allievi, umiliato e imbarazzato, che non ero riuscito a trovare la «grande» soluzione.
Agli inizi, mentre mi dibattevo di fronte a questo dilemma, mi aggrappai alla convinzione che doveva esserci una soluzione appena girato l’angolo. Ogni volta che tenevo una conferenza sull’argomento nel corso di riunioni presso l’una o l’altra università, ero costretto a presentarmi come un intellettuale alla ricerca di una teoria che in effetti non riuscivo a trovare. A poco a poco incominciai a spostare l’accento della mia esposizione. Alla fine, spinto da riflessioni di ordine filosofico, o semplicemente dalla delusione – dovetti ammettere che in realtà stavo difendendo gli aspetti negativi piuttosto che andare alla ricerca di quelli positivi. La mia incapacità di trovare una qualsivoglia giustificazione all’autorità dello Stato, mi aveva convinto che non esisteva alcuna giustificazione. In poche parole, ero diventato un anarchico filosofico.
Nel primo capitolo di questo saggio formulo il problema come me l’ero posto originariamente più di cinque anni fa. Nel secondo analizzo la soluzione democratica classica del problema e metto in luce l’inadeguatezza del modello maggioritario corrente di Stato democratico. Nel terzo tento di tratteggiare in modo alquanto impressionistico e hegeliano i motivi della mia intramontabile speranza che si possa giungere a una soluzione soddisfacente. Il saggio si chiude con qualche breve indicazione del tutto utopica sui modi in cui una società anarchica potrebbe realmente funzionare.
Se sorvoliamo sulle piccole crepe che possono esistere qua o là nella logica degli argomenti, questo saggio presenta due difetti principali: per quanto riguarda la teoria pura, sono stato costretto ad assumere un certo numero di proposizioni molto importanti sulla natura, le fonti e i limiti degli obblighi morali. Per dire le cose come stanno, ho semplicemente dato per scontata un’intera teoria etica. Per quanto riguarda l’aspetto pratico della questione, non ho detto quasi nulla sulle condizioni materiali, sociali o psicologiche nelle quali l’anarchia potrebbe diventare un tipo possibile di organizzazione sociale. Sono dolorosamente cosciente di questi difetti, ma spero di pubblicare, in un futuro ragionevolmente prossimo, un’opera più ampia nella quale potrò aggiungere molto su entrambi gli argomenti. Se mi è consentito prendere a prestito un titolo di Kant (e con ciò forse ammantarmi della sua legittimità), questo saggio potrebbe avere il magniloquente sottotitolo di «Fondamenti per una metafisica dello Stato».
Agli inizi, mentre mi dibattevo di fronte a questo dilemma, mi aggrappai alla convinzione che doveva esserci una soluzione appena girato l’angolo. Ogni volta che tenevo una conferenza sull’argomento nel corso di riunioni presso l’una o l’altra università, ero costretto a presentarmi come un intellettuale alla ricerca di una teoria che in effetti non riuscivo a trovare. A poco a poco incominciai a spostare l’accento della mia esposizione. Alla fine, spinto da riflessioni di ordine filosofico, o semplicemente dalla delusione – dovetti ammettere che in realtà stavo difendendo gli aspetti negativi piuttosto che andare alla ricerca di quelli positivi. La mia incapacità di trovare una qualsivoglia giustificazione all’autorità dello Stato, mi aveva convinto che non esisteva alcuna giustificazione. In poche parole, ero diventato un anarchico filosofico.
Nel primo capitolo di questo saggio formulo il problema come me l’ero posto originariamente più di cinque anni fa. Nel secondo analizzo la soluzione democratica classica del problema e metto in luce l’inadeguatezza del modello maggioritario corrente di Stato democratico. Nel terzo tento di tratteggiare in modo alquanto impressionistico e hegeliano i motivi della mia intramontabile speranza che si possa giungere a una soluzione soddisfacente. Il saggio si chiude con qualche breve indicazione del tutto utopica sui modi in cui una società anarchica potrebbe realmente funzionare.
Se sorvoliamo sulle piccole crepe che possono esistere qua o là nella logica degli argomenti, questo saggio presenta due difetti principali: per quanto riguarda la teoria pura, sono stato costretto ad assumere un certo numero di proposizioni molto importanti sulla natura, le fonti e i limiti degli obblighi morali. Per dire le cose come stanno, ho semplicemente dato per scontata un’intera teoria etica. Per quanto riguarda l’aspetto pratico della questione, non ho detto quasi nulla sulle condizioni materiali, sociali o psicologiche nelle quali l’anarchia potrebbe diventare un tipo possibile di organizzazione sociale. Sono dolorosamente cosciente di questi difetti, ma spero di pubblicare, in un futuro ragionevolmente prossimo, un’opera più ampia nella quale potrò aggiungere molto su entrambi gli argomenti. Se mi è consentito prendere a prestito un titolo di Kant (e con ciò forse ammantarmi della sua legittimità), questo saggio potrebbe avere il magniloquente sottotitolo di «Fondamenti per una metafisica dello Stato».
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