Ebook: Friedrich Engels e il problema dei «popoli senza storia». La questione nazionale alla luce della «Neue Rheinische Zeitung» 1848-1849
Author: Roman Rosdolsky, Francesco Aloe
Il volume comprende una dettagliata biografia dell'autore e due annessi: C. SALETTA, Judaica. Appunti critici sull'Appendice I («La "Neue Rheinische Zeitung" e gli ebrei») - C. BASILE, La lotta di Lenin contro lo sciovinismo grande-russo (1917-1923). Più 2 foto b.n. e una cartina a colori n.t.,
Un tratto caratteristico dell’attuale situazione internazionale è che, mentre l’America cerca di battere nuove strade per riaffermare il proprio dominio sui mercati dopo la crisi dell’ordine di Yalta e non si è ancora delineato un concorrente capace di sfidarla da un punto di vista economico, sociale, politico e militare (si potrebbe perfino dire morale), le questioni nazionali, nell’instabilità dei rapporti tra Stati, tornano prepotentemente attuali, come linee di faglia attraverso le quali si manifestano le contraddizioni del sistema.
È vero che tali questioni nazionali non si sostanziano in rivendicazioni riconducibili alla logica che ha presieduto al loro sviluppo nell’Europa dell’Ottocento, ma non potrebbe essere altrimenti in regioni geograficamente marginali rispetto all’Europa e culturalmente lontanissime dalla specifica tradizione del liberalismo e della democrazia ottocenteschi. Alle proporzioni che il fenomeno ha assunto oggi ha contribuito e contribuisce anche l’assenza prolungata dalla scena di una vera lotta di classe proletaria.
L’importanza o, meglio, decisività delle questioni nazionali sia per un’analisi materialistica del corso storico, sia per la delineazione di un’alternativa alla politica borghese, è efficamente dimostrata da Rosdolsky (1898-1967) in questo saggio «eretico» del 1964, anche se con riferimento alla fase del 1848-49 e a un’area particolare come quella slava dell’Europa centro-orientale. Ma le argomentazioni svolte valgono a rendere più efficaci posizioni che nulla hanno in comune con il «nichilismo nazionale» e con l’«indifferenza in materia politica», dai quali è improntato quell’internazionalismo generico con cui hanno coperto la loro incapacità di inquadrare i problemi e la loro impotenza pratica tante correnti che avevano e hanno la pretesa di difendere la tradizione rivoluzionaria.
Rosdolsky sviluppa una critica dall’interno ai giudizi di Marx ed Engels nei confronti dei popoli slavi «senza storia». In questa critica vi sono aspetti condivisibili e altri meno, punti di forza e punti di debolezza. Ma nel corso di essa egli fornisce una lezione importantissima, con un approccio al marxismo – che per noi resta il cardine di una politica capace di utilizzare tutte le contraddizioni del sistema – fuori da quella riduzione di esso a un piatto economicismo che è andata e va per la maggiore.
Un tratto caratteristico dell’attuale situazione internazionale è che, mentre l’America cerca di battere nuove strade per riaffermare il proprio dominio sui mercati dopo la crisi dell’ordine di Yalta e non si è ancora delineato un concorrente capace di sfidarla da un punto di vista economico, sociale, politico e militare (si potrebbe perfino dire morale), le questioni nazionali, nell’instabilità dei rapporti tra Stati, tornano prepotentemente attuali, come linee di faglia attraverso le quali si manifestano le contraddizioni del sistema.
È vero che tali questioni nazionali non si sostanziano in rivendicazioni riconducibili alla logica che ha presieduto al loro sviluppo nell’Europa dell’Ottocento, ma non potrebbe essere altrimenti in regioni geograficamente marginali rispetto all’Europa e culturalmente lontanissime dalla specifica tradizione del liberalismo e della democrazia ottocenteschi. Alle proporzioni che il fenomeno ha assunto oggi ha contribuito e contribuisce anche l’assenza prolungata dalla scena di una vera lotta di classe proletaria.
L’importanza o, meglio, decisività delle questioni nazionali sia per un’analisi materialistica del corso storico, sia per la delineazione di un’alternativa alla politica borghese, è efficamente dimostrata da Rosdolsky (1898-1967) in questo saggio «eretico» del 1964, anche se con riferimento alla fase del 1848-49 e a un’area particolare come quella slava dell’Europa centro-orientale. Ma le argomentazioni svolte valgono a rendere più efficaci posizioni che nulla hanno in comune con il «nichilismo nazionale» e con l’«indifferenza in materia politica», dai quali è improntato quell’internazionalismo generico con cui hanno coperto la loro incapacità di inquadrare i problemi e la loro impotenza pratica tante correnti che avevano e hanno la pretesa di difendere la tradizione rivoluzionaria.
Rosdolsky sviluppa una critica dall’interno ai giudizi di Marx ed Engels nei confronti dei popoli slavi «senza storia». In questa critica vi sono aspetti condivisibili e altri meno, punti di forza e punti di debolezza. Ma nel corso di essa egli fornisce una lezione importantissima, con un approccio al marxismo – che per noi resta il cardine di una politica capace di utilizzare tutte le contraddizioni del sistema – fuori da quella riduzione di esso a un piatto economicismo che è andata e va per la maggiore.
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